Sant’Oronzo nell’antica Siponto di Giacomo Telera

La consultazione degli atti notarili riserva sempre delle sorprese. È quello che è avvenuto scorgendo un rogito, datato 19 marzo 1621, del notaio Tiberio Cileo. In esso è riportato il testamento dello spagnolo Diego Martines, figlio del defunto Giovanni, originario di Albacete. Il testatore abita nella casa di Giustiniano Mettola, nella strada trasversale “buccoli magni”, ed è giacente sul letto poiché infermo. Questi ordina, nelle ultime volontà, che il suo corpo sia “seppellito” presso la propria tomba, posta nella Chiesa di Sant’Oronzo. Dichiara di possedere una casa “smantellata” sita nella città di Manfredonia, “nella strettula detta delli Angelis corrispondente alla strada di Santo Matteo”. Dichiara, inoltre, di avere una versura di terre nel territorio della città “all’incontro la Croce di Siponto et giusta le terre che erano del qm. Giovanni Angelo de Re Canonico Sipontino”.
Un testamento ricco di testimonianze, specie per la toponomastica, non ultimo la menzione della Chiesa di Sant’Oronzo.
Oltre la chiesa, di cui si sono perse le tracce, vi è nel territorio di Manfredonia una valle che porta il nome del Santo salentino – come riportano Sarnelli (Cronologia de’ Vescovi…), Spinelli (Memorie Storiche…) e a seguire gli storici più recenti -, raggiungibile percorrendo la SS Garganica 89, nei pressi degli ipogei Capparelli. Matteo Spinelli nella sua Mappa Sipontina, di fine ‘700, afferma che la Valle, precedentemente, era denominata “Daunia”. Qui, prima che fosse costruita l’abazia di S. Leonardo, si svolgeva nel mese di maggio un “grande, e ricchissimo Mercato di pecore, e di Lane” e vi risiedeva “l’antico Magistrato di Siponto”. La vallata faceva parte del “Continente Demaniale del Monte Viburno, o sia di San Leonardo”. L’autore, nella descrizione, afferma che parte di quel territorio ad uso seminatorio era di proprietà degli “eredi di D. Giambattista Cessa”, ed il resto di “D. Andrea de Urruttia ambedue di Manfredonia; A confina del qual Terreno di Urruttia, possiede entro l’istessa Valle D. Nicola delli Santi di questa Città una Vigna con Alberi”. A cento passi dalla vigna del Delli Santi vi era un territorio denominato “Locazione della Cave”.

 Ipogei Capparelli in Siponto  (“Italy from the Alps to Mount Etna”)

 Qualche decennio fa il De Feudis (…andar per masserie…) elencò e descrisse le masserie e i casini presenti nel territorio circostante la città sipontina, menzionando quelli ricadenti nella zona della Valle di S. Oronzo, come il casino De Padova, che presenta un torrione e su di esso un basso rilievo; il casino Delli Santi, eretto nel 1814 da Francesco Delli Santi; infine, il casino Panella che, secondo lo stesso autore, fu costruito nel 1745 da Pasquale Acquaviva di Aragona, Arcivescovo Cardinale di Conversano, Commendatario dell’abazia di S. Leonardo. Invero, l’edificio presenta un’epigrafe e un blasone che testimoniano come la costruzione sia avvenuta ad opera di Tommaso De Angelis verso la fine del XVII secolo. 

 

Casino De Padova (“…andar per masserie…”) 

Ma chi era Sant’Oronzo e cosa c’entra con Siponto? La tradizione, sostenuta da vari autori, come il Regio, il Bozzi, il Morelli e il D’Avino nel suo Cenni storici… (eccetto il Lanzoni che, in Diocesi d’Italia…, la cataloga come “leggenda recentissima”), vuole che San Giusto di Corinto, discepolo di San Paolo, fosse inviato da quest’ultimo a Roma e, dopo esser sbarcato a Otranto, si sia diretto a Lecce. Qui, nel 56 dC, incontrò il trentacinquenne Oronzo, patrizio leccese pieno di virtù, e suo nipote Fortunato. Il Santo salentino nacque il 22 dC, ed era figlio di Publio, tesoriere imperiale e provveditore generale delle milizie romane dimoranti a Lecce (per Paolo Regio, autore Dell’opere spirituali…, invece, il futuro vescovo, si chiamava Publio Oronzo). San Giusto, dopo esser stato ospitato dal Salentino e dopo avergli parlato del Vangelo, lo convertì e lo battezzò. Entrambi, dopo aver evangelizzato molti cittadini, subirono più volte flagellazioni per opera dei soldati inviati dal Preside, il quale li obbligò all’adorazione delle statue degli dèi pagani. Ma ogni volta che si trovavano di fronte le sculture, esse andavano in frantumi per l’immensa Fede mostrata dai nuovi soldati di Cristo. Successivamente, Giusto proseguì per Roma, come ordinato da San Paolo e al suo ritorno insieme a Oronzo e Fortunato si recarono dall’ “Apostolo dei Gentili”, il quale consacrò Oronzo primo vescovo di Lecce e ordinò loro di ritornare in Italia. 

Dopo aver operato innumerevoli conversioni nel Salento, essi attirarono le ire di Nerone (imperatore dal 54 al 68 dC) e, per evitare l’atto persecutorio, vagarono per varie città. Pellegrinarono, dapprima in Ostuni, poi a Bari, a Turi e dopo aver toccato altri centri abitati, arrivarono a Siponto. 

Secondo quanto riportato dal Bozzi (I primi martiri di Lecce…), nella piazza della città sipontina, i due sant’uomini parlarono al popolo della legge di Cristo. Mentre lo facevano crollarono due statue che si adoravano: una di Nettuno e l’altra di Giove. Così, quelle genti, per quel prodigio e per “forza delle ragioni udite dalla bocca di quegli Apostoli, si ridussero alla vera fede del Crocifisso”. Questo è un momento importante per la conversione dei sipontini. Ma i sacerdoti pagani, vedendo questo, sobillarono la restante parte del popolo che restava legata agli idoli pagani e cacciarono, con lancio di sassi, Oronzo e Giusto fuori dalla città. Successivamente, i due, vedendo che era impossibile poter predicare il Vangelo a causa della chiusura dell’ingresso della città, e venendo a conoscenza che una nave era in partenza per Taranto, chiesero, di notte, al padrone del bastimento, la possibilità di imbarcarsi. L’uomo, che era stato presente quando i due evangelizzatori erano stati scacciati dalla città, acconsentì alla richiesta. 

Il Morelli (Il martirio di S. Oronzo…) conferma quanto riportato dal Bozzi con queste parole: “Però se nel lungo peregrinare aveano potuto sfuggire la satanica ira de’ persecutori – se in nessun altro luogo le suggestioni aveano esaltato il fanatismo plebeo sino al delirio di soggettarli alla flagellazione, questo malaugurato scontro toccò loro soffrire in Manfredonia [sic], dove spiegata la tela de’ pensieri con pura favella, e divampato il fuoco della verità sino alla distruzione delle statue pagane giacenti a pubblico spettacolo sulla piazza; quel bugiardo Sacerdozio inanimì la plebe in modo da farle scaraventar pietre sui Corpi Santi”. 

Dopo esser sbarcati a Taranto, tornarono nella loro città, dove proseguirono la loro opera di evangelizzazione, fino al loro arresto, operato dalle truppe del Preside Antonino, il quale, dopo averli fatti carcerare e tormentare, li giustiziò la notte tra il 25 e il 26 agosto dell’anno 66 dC (secondo Paolo Regio, il martirio avvenne nel 68 dC). 

Sant’Oronzo (Chiesa di Santa Maria Assunta di Molfetta) 

La presenza di S. Oronzo nella città di Siponto è confermata dal Sarnelli, il quale però attesta che San Giustino, consacrato primo vescovo sipontino da S. Pietro nel 44 dC (secondo lo Spinelli l’anno è il 54 dC), portò tra le braccia di Cristo i Sipontini, ma anche le popolazioni vicine “giovandoli à ciò non poco S. Orontio primo Vescovo, e Martire di Lecce, ch’essercitando l’ufficio della sua Apostolica Missione, era infino à Siponto, dopo molte fatiche, felicemente pervenuto”. 

S. Giustino, vescovo di Siponto (Chiesa di S. Lorenzo Maiorano di Manfredonia) 

Per quanto si è esposto fin qui, è possibile individuare il periodo in cui si svolse la missione evangelica di Oronzo a Siponto, cioè tra il 56 e il 66 dC. Inoltre, il Sarnelli aggiunge che il 7° vescovo di Siponto (di cui non riporta il nome), eletto nell’anno 333 dC (sotto l’imperatore Costantino e durante il pontificato di San Silvestro), fu un buon Pastore, il quale ebbe cura delle anime del suo popolo e che in onore del Vescovo e Martire Sant’Oronzo “edificò un divoto Oratorio in una di 

quelle spelonche della Valle Daunia, ove albergò; ond’è che la detta Valle non più Daunia, mà di S. Orontio s’appella; quivi egli sovente tratteneasi in assidue meditationi delle cose Celesti, implorando da Dio, per li meriti del S. protomartire di Lecce, gratia di poter governare santamente il suo popolo”. Questa affermazione fa presumere che il Salentino si sia trattenuto un po’ di tempo nella città sipontina. Inoltre, l’autore continua affermando che tale vescovo governò la sede sipontina circa 47 anni, morendo nel 380 dC, durante il pontificato di S. Damaso. 

Gli estremi del periodo episcopale riportato dal Sarnelli sono sostenuti dall’Ughelli (Italia Sacra…) e dal Cappelletti (Le Chiese d’Italia), ma non dallo Spinelli che, sulla scorta del Bolland, dell’Angiulli (Epitome…) e del Perotto (Miscellanee…), afferma che fu Simplicio, prete della Chiesa Sipontina, ad essere eletto 7° Vescovo nel 364 (sotto il pontificato di S. Liberio, e durante il regno dell’imperatore Valentinano). Inoltre, ne attesta la morte nell’anno 404 dC, sotto il pontificato di Innocenzo I. 

Durante il vescovado di San Simplicio, prosegue lo Spinelli, si edificò, oltre l’Oratorio di S. Oronzo, anche la chiesa di Santa Pelagia. 

In conclusione, è possibile affermare che quell’Oratorio, dedicato al santo martire salentino, ubicato in una grotta, abbia resistito più di un millennio, divenendo una vera e propria chiesa e resistendo al tempo e agli eventi bellici, come appare nel documento del 1621. Oppure si trovava in altro luogo. Di certo resta solo che la chiesa di S. Oronzo non si riscontra più nell’elenco delle chiese della città, fatto dal Sarnelli, nel 1680. Ciò fa presumere che sia andata distrutta qualche decennio prima. 

Ne consegue che, al di là delle fonti documentarie e bibliografiche, resta ancora oggi il toponimo con la sua indicazione. Si nota, comunque, che tra gli autori citati non sempre vi è concordanza di datazione, tant’è vero che, secondo la tradizione sipontina, all’arrivo di S. Oronzo, la comunità della città di Siponto era stata già cristianizzata. 

 

Giacomo Telera