UNA PREGHIERA A SAN MICHELE ARCANGELO DAL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

di Domenico Luciano MORETTI e Carlo Alberto REBOTTINI

Tra il 1135 e il 1141 venne alla luce il salterio detto “di Melisenda”, opera di un gruppo di amanuensi vicini alla Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il Salterio deve il suo nome a Melisenda, regina del Regno Latino di Gerusalemme, moglie di Folco V d’Angiò. Il Salterio, custodito alla British Library di Londra (Ms. Egerton 1139), misura cm 21,5 x cm 14,5 e presenta una copertina lavorata in avorio. Nella parte anteriore di quest’ultima si possono osservare scene della vita di re Davide, mentre in quella posteriore è raffigurato un sovrano nell’atto di compiere opere di misericordia. Il Salterio è stato composto in una bellissima carolina di transizione, che mostra già ampi segni dei cambiamenti di gusto, e di tecnica, che condurranno al pieno sviluppo della gothica textualis. 

Fig. 1: Alcune righe tratte dalla preghiera di San Michele nel Salterio di Melisenda.
 

I primi 12 fogli sono miniati, con scene tratte dal Nuovo Testamento[1], mentre i fogli 13-19 contengono un calendario. Esso è simile a quelli presenti nei salteri prodotti in Inghilterra nello stesso periodo, riportante i santi inglesi del giorno, invece che quelli – come ci si aspetterebbe – di Gerusalemme.  Nel calendario troviamo anche tre date strettamente legate alle crociate, come la conquista di Gerusalemme, avvenuta il 15 luglio (1099) e la morte di Baldovino II (21 agosto, 1131) e della moglie Morfia di Melitene (1° ottobre, 1126). Per ogni mese, inoltre, è presente un medaglione illustrato a tema zodiacale.

Dal f. 22 al f. 196 si può leggere il salterio vero e proprio, con i versi dei salmi tramandati dalla Vulgata. 

La sezione che, invece, ci interessa maggiormente per questo breve lavoro, si trova dal f. 197 al f. 211 e contiene una serie di preghiere per Melisenda rivolte a nove santi[2]: ogni invocazione è accompagnata dalla miniatura del santo corrispondente.

Non si conoscono con esattezza i miniatori di questo salterio, ma nell’ultima delle illustrazioni del Nuovo Testamento compare un riferimento a un certo Basilio (“Basilium me fecit”), forse uno degli autori dell’opera; secondo alcuni storici si tratterebbe di un cristiano armeno. Senz’altro questo manufatto appare come una sintesi di arte occidentale e orientale: la scelta di inserire nei salmi scene del Nuovo Testamento è tipicamente europea, mentre l’ultima scena, quella della Deesis, è invece tipicamente bizantina, e la geometria dei disegni denota anche una familiarità con l’arte islamica. Insomma, un vero melting pot. Prima di passare alla lettura e traduzione della preghiera rivolta a San Michele, facciamo un po’ di chiarezza sulla figura di Melisende. Primogenita di Baldovino II e di Morfia di Melitene, nacque a Gerusalemme intorno al 1105, dove poi morì l’11 settembre 1161. 

Durante la reggenza del padre, ella fu sempre presente nel corso delle cerimonie ufficiali, occupandosi inoltre di diversi aspetti dell’amministrazione del Regno paterno, tra cui il conio delle monete e la concessione dei feudi. 

Fig. 2: Una moneta a nome di Melisenda e Folco V d’Angiò come Re di Gerusalemme 

Nel 1129 sposò Folco V d’Angiò, a cui diede un figlio nel 1130: Baldovino III. Essendo lei l’erede al trono di Gerusalemme, Baldovino II la nominò tutore del piccolo Baldovino III, finendo però così con l’escludere Folco V dalla successione. Nel 1131, però, Baldovino II morì e Melisenda e Folco furono incoronati nella Basilica del Santo Sepolcro come regnanti congiunti. Folco, allora, con la complicità dei suoi cavalieri e di vari alti dignitari di corte, riuscì a estromettere la moglie da molte delle prerogative regie.  Per giustificare simili scelte, il sovrano la fece accusare di infedeltà: questo provocò l’indignazione dell’alta corte, che, unita all’inimicizia delle aristocrazie locali – che Folco si era accattivato donando feudi e compiendo altre concessioni a cavalieri francesi della contea dell’Anjou – portò ad uno scontro armato terminato con la resa di Folco. Melisenda tornò dunque al potere di una volta, ricominciando a concedere titoli nobiliari, feudi, incarichi ed uffici, nonché a tenere corte. Successivamente, Melisenda e Folco si riappacificarono, nel 1136, e nacque loro anche un secondo figlio, Amalrico. Nel 1143, tuttavia, Folco morì in un incidente di caccia.

Nel 1161, pare, Melisenda fu colpita da un ictus che ne compromise la memoria e la facoltà di regnare: la regina morì l’11 settembre e fu sepolta nella chiesa dell’Assunzione di Maria, a Gerusalemme.

Nel salterio a lei dedicato – o da lei commissionato, come già accennato – si trova una delle più antiche invocazioni a San Michele da noi conosciute. 

Fig. 3: Melisenda in una miniatura del XII secolo 
Fig. 4: Incoronazione di Folco V e Melisenda, in una miniatura del XIII secolo 

La preghiera a San Michele (f. 205r), recita: 

Oratio ad Sanctum Michaelem 

Sancte Michael Arcangele domini nostri Ihesu Cristi • qui venisti in adiutorium perpetuo dei • subveni michi apud abassimum iudicem • ut michi donet remissionem omnium peccatorum • propter magnam miserationum suarum clementiam • Exaudi me sancte michael invocantem te • etiam adiuva me maiestatem dei adorantem. Interpella pro me peccata mea ingemiscentem • et fac me castam esse ab omnibus peccatis • Insuper obsecro te preclarum atque decorum summe divinitatis ministrum • ut innovissimo die benigne suscipias animam meam in sinu tuo sanctissimo • et perducas eam in locum refrigerii pacis et quietis • ubi sanctorum anime cum leticia e gaudio futurum iudicium et gratiam beate resurectionis expectant • amen • Obsecro vos oh sancte michael • alia • sancte gabriel • sancte raphael • cum omnibus angelis et archangelis • et cum omnibus sociis vestris qui astatis ante claritatem dei cotidie dicentes; Sanctus • Sanctus • Sanctus dominus deus sabaoth • intercedite pro mea fragili et peccatrice • ut liberet me dominus omnipotentes a delectatione et consensu et deliberatione peccati • et tribuat michi compunctionem cordis • penitentiam veram de peccatis meis • et usque infinem in bonis operibus

.

Fig. 5: San Michele Arcangelo miniato nel Salterio di Melisenda.

Traduzione:

Preghiera a San Michele 

San Michele, Arcangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che sempre giungesti in aiuto di Dio, vieni in mio soccorso, o giudice, e concedimi la remissione di tutti i peccati, per la grande clemenza nei confronti delle nostre miserie. Esaudisci me che t’invoco, o San Michele, e aiuta me, che adoro la maestà divina di Dio. Ostacola per me i miei peccati, per i quali mi dolgo, e fa che io sia libera da tutte le mie colpe. Ti scongiuro, illustre e degno ministro della somma divinità: fa che, nell’ultimo giorno, la mia anima sia benignamente accolta nel tuo seno santissimo e condotta in un luogo di pace e di quiete, dove le anime dei santi attendono con gioia e letizia il giudizio venturo e i beati attendono la grazia della risurrezione. Amen. Vi supplico, o San Michele, e gli altri, San Gabriele, San Raffaele e tutti gli angeli e arcangeli, con tutti quelli che sono ogni giorno innanzi allo splendore di Dio dicendo: Santo, Santo, il Signore Dio dell’Universo. Intercedete per me, fragile e peccatrice, affinché il Signore onnipotente mi liberi dallo stimolo, dalla volontà e dalla scelta del peccato, e mi doni la compunzione del cuore, vera penitenza per i miei peccati, e mi aiuti fino alla fine a compiere buone opere. 


Si nota anche, nel testo, il richiamo a San Gabriele e Raffaele, nonché il rimando ad una “fragile e peccatrice”: quest’ultimo riferimento sembrerebbe suggerire che sia stata la stessa Melisenda a comporre la preghiera. Oppure, che chi la scrisse aveva comunque intenzione di parlare a nome della regina, essendo l’invocazione sicuramente rivolta al femminile. 

Insomma, questa orazione, scritta tra il 1135 e il 1140, emerge come una delle più antiche tra quelle rivolte a San Michele delle quali si è a conoscenza, e il suo valore cresce ulteriormente quando si considera che essa fu composta presso il Santo Sepolcro. 



Riferimenti bibliografici: 

J. Backhouse, The Case of Queen Melisende’s Psalter: An Historical Investigation, in S. L’Engle, G. B. Guest (ed.), Tributes to Jonathan J. G. Alexander: The Making and Meaning of Illuminated Medieval and Renaissance Manuscripts, Art and Architecture, London 2006, pp. 457-70.

J. Brodahl, The Melisende Psalter and Ivories (BL Egerton 1139): An Inquiry into the Status and Collecting of Medieval Art in Early Nineteenth-Century France, (Ph.D. Brown University), Providence 1999.

H. Buchthal, Miniature Painting in the Latin Kingdom of Jerusalem, Oxford 1957.

R. Grousset, L’Empire du Levant. Histoire de la Question d’Orient, Payot 1949.

H. E. Meyer, Studies in the History of Queen Melisenda of Gerusalemme, Cambridge 1972.

F. Wormald, The Calendar of Queen Melisende’s Psalter, ‘Litanies of Saints’, and ‘Prayers following the Litany in Queen Melisende’s Psalter’, in H. Buchthal, Miniature Painting in the Latin Kingdom of Jerusalem, Oxford 1957, pp. 122-34.



[1] Le scene sono: 1) L’Annunciazione; 1v) la Visitazione; 2) la Natività; 2v) l’adorazione dei Magi; 3) la Presentazione al Tempio; 3v) il Battesimo di Gesù; 4) le Tentazioni di Gesù; 4v) La Trasfigurazione; 5) la Risurrezione di Lazzaro; 5v) l’ingresso a Gerusalemme; 6) l’Ultima Cena; 6v) la Lavanda dei piedi; 7) l’Agonia al Getsemani; 7v) il Tradimento di Giuda; 8) la Crocifissione; 8v) la Deposizione della Croce; 9) La Sepoltura di Cristo; 9v) la Discesa agli inferi; 10) le Tre Marie alla Tomba; 10v) San Tommaso dubita della Resurrezione; 11) l’Ascensione di Cristo; 11v) La discesa dello Spirito Santo; 12) La Dormizione di Maria; 12v) la Deesis.  

[2] 1)La Vergine Maria; 2) San Michele; 3) San Giovanni Battista; 4) San Pietro; 5) San Giovanni Evangelista; 6) Santo Stefano; 7) San Nicola; 8) Santa Maria Maddalena; 9) Sant’Agnese.

One Reply to “UNA PREGHIERA A SAN MICHELE ARCANGELO DAL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME”

  1. Il culto dell’arcangelo Michele era preesistente al suo impianto sul Gargano
    Quello che risulta un po’ stucchevole e il riferimento all’Arcangelo garganico come se come se fosse il centro di tutto. Naturalmente non si disconoscono i valori storici e culturali che la presenza del culto micaelico ha avuto e ha.

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