Anticamente, Siponto era considerata una città arida, tanto che Cicerone (106 a.C.- 43 a.C.), nelle sue orazioni[1]indica tale luogo con «in Sipontina siccitate».
Tuttavia, a questa affermazione del filosofo romano, fa da contraltare quella del frate francescano, nonché naturalista e studioso di meteorologia, padre Michelangelo Manicone (1745-1810), il quale nella sua La Fisica Appulaconsidera la posizione di Siponto «la più favorevole alla caduta della pioggia», poiché «abbondanti piogge sogliono spesso cadervi […]. Se il divisato cantone andasse quasi ogni anno esente dalle piogge, certo che i Manfredoniani non vi ci seminerebbon mai»[2]. Non solo; lo stesso autore chiarisce che Cicerone «intese parlare della siccità terrestre, e non punto della siccità atmosferica. Il suolo del divisato cantone è di carbonato calcare. Or siffatto risente assai l’ardor del Sole, beve troppo presto l’umidità atmosferica, né conserva a lungo la pioggia. […] Ebbene; dunque Cicerone parlò da Oratore, e non da Fisico»[3].
È pur vero che una certa necessità di acqua era percepita dalla popolazione sipontina e nel volgo, tanto da spingere il nuovo pontefice Benedetto XIII (1724-1730), già arcivescovo di Manfredonia dal 1675 al 1680, a mostrare ulteriormente il suo amore «verso la sua prima dilettissima Sposa»[4]. Infatti, come ricorda lo Spinelli nelle sue Memorie Storiche, l’Orsini, «rammentandosi d’esservi nella nostra Città mancanza di acque dolci sorgive»[5], tramite l’Erario Pontificio, fa consegnare 6000 scudi romani ai decurioni sipontini, affinché si utilizzino per il trasporto dell’acqua sorgiva dalla fonte «sistente nell’antica Siponto, che ivi copiosamente scaturisce, nella moderna Città»[6], e per la realizzazione di una nuova e maestosa fontana in «Piazza di S. Domenico costrutta di marmi, e con i più possibili ornamenti di Statue, e giochi dell’acqua»[7]. A seguire i lavori sono eletti i decurioni Dionisio Mettola e Gian Lorenzo Celentano, i quali impiegano 200 persone per la costruzione della fontana, che vede anche l’utilizzo di materiali provenienti da Venezia.
Ma la gioia per la erigenda costruzione dura poco. Viene sospesa in quanto si palesa che «l’Architetto era poco perito»[8] e si redige una finta relazione da inviare al Pontefice, dove si evidenzia una spesa maggiore del previsto. Pertanto la somma rimasta è devoluta al Capitolo Sipontino per la riparazione della Chiesa sipontina. A tal proposito appare una dura denuncia dello Spinelli nel suo manoscritto, nel quale afferma che ci fu un «furto commesso dalli suddetti Deputati con darne la parte all’Architetto Ponteficio», e che si sarebbe potuta continuare l’edificazione sostituendo l’architetto[9]. Inoltre asserisce che la spesa fu minima poiché si era utilizzato materiale della Tribuna, la quale era stata demolita per costruire i palazzi[10]. Infine gioisce per la giustizia divina, in virtù del fatto che le famiglie dei due decurioni si ridussero in miseria[11].
La mancanza di sorgenti d’acqua dolce, secondo il frate Michelangelo Manicone, ha costretto i sipontini a costruire delle piscine, ovvero serbatoi pubblici di raccolta di acqua piovana. Queste cisterne, a Manfredonia, erano ubicate principalmente nei pressi del Convento di S. Maria delle Grazie e presso il piano delle fosse, come appare anche dalla pianta della città realizzata dall’abate Pacichelli[12]. In particolare il frate descrive le prime affermando che il «suolo esterno è murato, selciato, ed ha un dolce pendìo»[13]. Lì vi sono 9 «bocche, onde attingesi l’acqua» e «sono alquanto elevate dal suolo. L’ingresso al Sud è alquanto elegante»[14].
Il naturalista continua affermando che in quelle piscine veniva raccolta l’acqua delle grandi piogge che scendeva dalla montagna, attraverso un «tortuoso canale». Un percorso che rendeva l’acqua delle cisterne impura, tanto da causare ai sipontini «febbri intermittenti, le ostruzioni nel basso ventre, ed altri morbi». Per tale motivo, spiega che una buona piscina deve essere «tutta selciata nel fondo, e per tutto il contorno con muri ben grossi, e diligentemente intonacati», ma quella di Manfredonia è «incavata in un duro sasso» e i muri non sono «diligentemente intonacati»[15]; in caso di piscine di notevole grandezza «dee allora tramezzarsi con un muro in due, o più parti, e far deesi in ciascun muro un’apertura di comunicazione, affinché l’acqua passi da un’apertura all’altra», caratteristica, questa, presente in quelle di Manfredonia[16]. Inoltre, è necessario che all’interno della cisterna ci siano «casse di pietra contenenti ghiara, ciottoli, ed arena di fiume». Queste casse, dette anche pile, hanno il compito di depurare, facendo da filtro, l’acqua torbida diretta alle cisterne.
Infine, specifica che «sopra l’arena delle dette casse dee mettersi una lamina traforata o di metallo, o di marmo, o di selce, affinché l’acqua, nel cadervi, non intorbidi l’arena», e su queste casse devono essere presenti delle aperture dalle quali togliere «l’arena, ripulir le casse, e rimettervene della nuova». Questi filtri purtroppo non risultano presenti nelle cisterne pubbliche sipontine, le quali al loro posto hanno una vasca di raccolta che serve a purificare l’acqua solo da «materie più voluminose, e più gravi», mentre «le altre sostanze eterogenee, e delle quali è grandemente carica, passano coll’acqua nella Piscina». Ecco spiegato il perché l’acqua delle piscine di Manfredonia «è assai torbida, ed assai insalubre»[17].
A proposito dell’eleganza dell’ingresso del lato Sud delle piscine, ciò si giustifica con la presenza di un poderoso monumento, come si evince da un atto rogato dal notaio Domenico Teodoro Prencipe, relativo alla ricognizione dei lavori alle cisterne pubbliche fatta dal sindaco Michele Valente, il giorno 25 luglio 1754[18].
Il menzionato notaio, il giudice ai contratti Marco Antonio Ciuffreda e alcuni testimoni, a richiesta del Sindaco, unitamente con Onofrio Nardone e Vincenzo Collicelli «Litterati», nel giorno di S. Giacomo, si sono recati nelle pubbliche cisterne della città dove hanno ritrovato il mastro muratore Onofrio Longarelli, il quale stava «abbellendo quella epiramida o frontespizio in dette cisterne sistente». Nell’atto è descritta la costruzione di forma piramidale che sulla cima presenta «l’Impresa di questa mentovata Città, la quale fà San Lorenzo Sipontino a cavallo»; più in basso vi è «la Real Impresa della Maestà del Re Nostro Signore» e nel mezzo della piramide, e precisamente ai due lati, «entro due Innicchi» ci sono due statue, una dell’Immacolata Concezione e l’altra di San Michele Arcangelo, alte 11 palmi (circa 285 cm). In mezzo alle due statue, precisamente sopra la porta d’ingresso, vi è un’epigrafe lunga 5 palmi (circa 130 cm), alta palmi 2 e mezzo (circa 65 cm), posta ad un’altezza da terra di 11 palmi, con la seguente iscrizione:
D. O. M.
Carolus Dei Gratia utriusque Siciliae Hyerusalem Rex, Hyspaniarum Infans
Dux Parmae Placentiae, Magnus Princeps Haereditarius Haetruriae.
Civibus levamini solatio transeuntibus, sitientibus refrigerio
Ne aestu premente aeque penuria sitique sine solamine assiduo laborarent
Opus hoc antiquis cisternis duabus adjunctis Deiparae e
S. Michaeli et Laurentio Patronis adscriptis ex Peculio exuperante
Universitati petenti
Rex
Fieri permisit. Alexander Sanctius Sindacus anno II faciendum
Curavit Universitatis mandato
A.D. 1751
La traduzione è del tenore seguente: “A Dio, il più buono, il più grande. Carlo, per Grazia di Dio Re delle due Sicilie, di Gerusalemme, Infante delle Spagne, Duca di Parma e Piacenza, Gran Principe Ereditario di Etruria. A conforto per costoro (i cittadini), a ristoro per i viandanti, a refrigerio per gli assetati, affinché non patissero l’arsura opprimente per la mancanza d’acqua e la sete senza un sollievo costante, il Re ha permesso all’Università richiedente che fosse fabbricata quest’opera con due cisterne aggiunte alle antiche, associate alla Madre di Dio e ai Santi patroni Michele e Lorenzo, col denaro eccedente. Alessandro Delli Santi, Sindaco per il secondo anno, si è occupato di farlo con mandato dell’Università. Anno del Signore 1751”.
Nell’atto, il notaio riporta «aeque», cioè «equamente», che in tal contesto non avrebbe senso; ma da un confronto con le trascrizioni dell’epigrafe riportate anche dallo Spinelli[19] e dal Bellucci[20], appare chiaro che si tratta di un errore del Prencipe, e che quindi il termine corretto risulterebbe «aquae», cioè «di acqua».
Da tale iscrizione, pertanto, si estrapolano notizie interessanti. Sono state costruite due nuove cisterne, in aggiunta a quelle già presenti, grazie a somme di denaro eccedente che fa presumere la buona salute delle casse comunali. Un’altra informazione è quella relativa al nome del sindaco che ha voluto la costruzione di queste piscine, ovvero Alessandro Delli Santi, a capo dell’amministrazione comunale per due anni consecutivi, ovvero dal 1749 al 1751[21]. Proprio il vicolo adiacente la chiesa di Santa Maria delle Grazie è intitolato a questa personalità. Appare opportuno annotare, per completezza, che tra l’ultima amministrazione del Delli Santi e quella del Valente (settembre 1753 – agosto 1754), si inserisce il sindacato di Giuseppe Cibelli[22].
Quella della costruzione appena descritta, è un evento che non passa inosservato. Infatti, sempre lo Spinelli, testimone oculare, riporta con entusiasmo che «fù beneficiata la nostra Popolazione con un magnifico, ed ammirevole Comprensorio di nuove Cisterne, che per tal mancanza, che prima vi era, spesso alla Popolazione Sipontina mancava l’acqua; percui oggi più non si vede tal mancanza, essendo i vasi delle Cisterne di tal magnificenza, che se anche per due anni continui in esse non vi entrasse acqua, pure bastano a sostentare questa Popolazione»[23]. Quindi si conferma una costruzione di considerevoli dimensioni e di notevole importanza per la città.
Per avere una visione più chiara della situazione economica che stava attraversando Manfredonia, è bene riportare ciò che viene affermato dall’autore delle Memorie Storiche, ovvero che quello compreso tra il 1750 e il 1760 è un periodo molto prospero e benedetto per la città Sipontina, poiché «si arricchirono i Cittadini colle fertilissime raccolte, che fecero nelle loro Massarìe, ne’ Poderi di rendite, ed in altre Industrie, oltre il gran Commercio, che vi fù trà Negozianti forastieri, e di ogni Nazione, facendosi nel nostro Porto de’ grandissimi, ed innumerevoli Ingetti di Formento, e di altre Biade, e Legumi; ond’è, che viddesi la nostra Città ristabilita dalle rimanenti rovine cagionatele da’ Barbari Ottomani nell’anno 1620, edificandosi moltissimi Edificj, quali furono in tanto numero, che quasi un terzo del distretto della medesima Città, che rimasto era dissabitato, in tal breve tempo di anni si vidde riempito di nuovi Edificj, e di Abitatori»[24]. Questo spiegherebbe la presunta buona salute delle finanze cittadine.
Nei suoi manoscritti inediti, invece, il Bellucci (1849-1944) riporta la trascrizione dell’epigrafe dove emergono delle piccole mancanze o qualche parola leggermente diversa da quelle rese dal rogito notarile. Tali differenze possono essere dovute presumibilmente all’usura del tempo sull’iscrizione che ricorda l’evento, che potrebbe aver ingannato l’occhio del Bellucci, il quale, quasi certamente, ha avuto modo di vedere l’epigrafe personalmente. Lo stesso, inoltre, nel riportare il testo, afferma che era presente su un arco, andato demolito e posto sulle «cisterne dette di Santa Maria, o di San Pasquale»[25]. È ipotizzabile che tale struttura sia andata distrutta nelle ultime decadi dell’Ottocento o le prime del Novecento.
Sempre dal Bellucci, infine, si ha notizia di un’ulteriore cisterna pubblica, costruita nel 1863 durante l’amministrazione di Felice Imperati, ubicata fuori la Porta di Foggia della città (dove oggi vi è piazza Salvo D’Acquisto), e riportante la seguente iscrizione, composta dall’avvocato Lorenzo Frattarolo, figlio di Raffaele:
Sedente Sindaco
Felice Imperati
Quest’ampio serbatoio
Di acque monde e salubri
Da’ pubblici voti invocato
Il primordial Municipio della Città
A’ bisogni de’ cresciuti abitatori
Provvidamente apprestava
Anno MDCCCLXIII[26].
BIBLIOGRAFIA
ASCM = Archivio Storico del Comune di Manfredonia.
MANICONE 1807 = M. Manicone, La Fisica Appula, Tomo V, Napoli 1807.
PACICHELLI 1703 = G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie, in cui si descrivono la sua metropoli fidelissima città di Napoli…, 3 voll., Napoli 1703.
SASLu = Archivio di Stato di Foggia – Sezione di Lucera.
SPINELLI 1785 = M. Spinelli, Memorie Storiche dell’Antica e Moderna Siponto Ordinatamente disposte in Forma d’Annali Colle notizie delle Convicine Regioni, e dell’Istoria Chiesiastica, e Profana, Parte IV, 1785, ms. presso le Civiche Biblioteche Unificate di Manfredonia.
Articolo inviato dal nostro socio Giacomo Telera il 9 maggio 2021 e pubblicato in data odierna.
[1] CICERONE, De lege agraria contra Rullum, Oratio II, XXVII.
[2] MANICONE 1807, p. 170.
[3] MANICONE 1807, p. 170.
[4] SPINELLI 1785, p. 33.
[5] SPINELLI 1785, p. 33.
[6] SPINELLI 1785, p. 33.
[7] SPINELLI 1785, p. 33.
[8] SPINELLI 1785, pp. 37-38.
[9] SPINELLI 1785, pp. 38-39.
[10] SPINELLI 1785, pp. 39-40.
[11] SPINELLI 1785, p. 40.
[12] PACICHELLI 1703.
[13] MANICONE 1807, p. 251
[14] MANICONE 1807, p. 251
[15] MANICONE 1807, p. 251
[16] MANICONE 1807, p. 251-252
[17] MANICONE 1807, p. 252
[18] SASLu, Notai Serie I, notaio D.T. Prencipe, prot. 2068, cc.79r-80r
[19] SPINELLI 1785, p. 123.
[20] ASCM, Fondo M. Bellucci, busta 1, Iscrizioni varie, ms.
[21] La durata degli incarichi era di un anno, iniziava a settembre e terminava ad agosto dell’anno successivo.
[22] SASLu, Notai Serie I, notaio D.T. Prencipe, prot. 2486, cc.17v-19r, in data 09.03.1752.
[23] SPINELLI 1785, pp. 122-123.
[24] SPINELLI 1785, p. 132.
[25] ASCM, Fondo M. Bellucci, busta 1, Iscrizioni varie, ms.
[26] ASCM, Fondo M. Bellucci, busta 1, Iscrizioni varie, ms.